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Tecniche di acquisizione

Esposizioni brevi e lunghe in astrofotografia

In astrofotografia il dibattito tra esposizioni brevi e lunghe in astrofotografia e quali siano i relativi vantaggi e svantaggi dell’uno e dell’altro approccio infiamma da sempre le community astrofile.

Cerchiamo quindi di fare chiarezza in questo breve articolo, se preferite invece una versione video completa anche di immagini ed esempi, date un’occhiata a questo video del mio canale YouTube.

Il rapporto segnale-rumore nelle esposizioni brevi e lunghe

Il primo importantissimo fattore che entra in gioco quando si parla di tempi di esposizione brevi e lunghe è il rapporto tra segnale e rumore, che chiameremo anche SNR – signal noise ratio, e come questo cambia in relazione al tempo.
Il segnale, che è rappresentato dai fotoni che vanno a finire nei pozzi del nostro sensore, è quello che noi vogliamo accumulare e proteggere il più possibile. E’ la nostra nebulosa, la nostra galassia o ammasso stellare che stiamo fotografando. E’ anche un altro elemento, di disturbo, ma lo vedremo a breve.
Il rumore invece è tutto quel disturbo che si verifica a livello elettronico dei fotodiodi e dei convertitori ADU del segnale. In generale si verifica in qualsiasi componente quando questo viene attraversato dalle cariche di elettroni. E’ la natura fisica ed intrinseca dei componenti elettronici dalla quale non si può prescindere e che viene influenzata anche dalla temperatura di lavoro. Questo perché le cariche elettroniche hanno un eccitamento maggiore all’aumentare della temperatura.

Segnale e rumore crescono di pari passo?

C’è però un aspetto molto importante di come segnale e rumore crescono all’aumentare del tempo ed è che il segnale tende a prevalere sul rumore!
Sì, perché mentre il segnale cresce in maniera lineare, il rumore invece lo fa in maniera inversamente quadratica, ovvero con la radice quadrata.
Cosa vuol dire nel pratico?
Che se noi in 60 secondi di esposizione accumuliamo 100 unità di segnale e 10 di rumore, in 600 secondi avremo 1000 unità di segnale 33 di rumore. Come potrete notare il rapporto tra SNR cambia notevolmente all’aumentare del tempo, vedendo il segnale dominare sul rumore.
Questo come si traduce in pratica? Immagini con più dettaglio, strutture meglio visibili e questo ci darà un notevole vantaggio in termini di elaborazione, lasciandoci più spazio di manovra in PixInsight o altri software dedicati!

snr in immagine singola vs sommata
A sinistra il dettaglio di una posa del muro del Cigno da 300s, a destra la somma di 60 pose da 300s.

Quindi perché dovremmo scegliere tempi di esposizione brevi?

Non è tutto oro quello che luccica purtroppo. Seguendo il ragionamento di prima basterebbe fare una posa lunga ore per avere una immagine ricchissima di segnale e con pochissimo rumore.
Questo non è possibile perché il sensore ha una capacità di accumulo limitata chiamata Full Well Capacity o FWC. La FWC determina il numero massimo di cariche elettroniche che un fotodiodo può accumulare prima di saturare, ovvero di raggiungere un limite oltre il quale l’informazione viene scartata. Pertanto quando si fanno lunghe esposizioni bisogna tener conto di questo fattore ed evitare di saturare troppi pixel del nostro sensore.
In questa pioggia di fotoni che scende sul nostro sensore, spesso non ci sono solo quelli del nostro oggetto dello spazio profondo, ma si insinua un elemento di disturbo molto fastidioso e difficile da combattere: l’inquinamento luminoso.
L’inquinamento luminoso è più subdolo del rumore termico e di lettura del sensore, perché si va a mescolare al segnale “buono” e ad occupare cariche elettriche nei fotodiodi, limitando i nostri tempi di posa e, di conseguenza, abbassando il rapporto SNR. Questo accade perché dal segnale raccolto andremo a rimuovere l’inquinamento luminoso, lasciando solo quello dello spazio profondo. Insomma, un vero problema che chi fotografa dalla città affronta con pazienza e coraggio. 🙂
Un altro aspetto ancora che gioca a sfavore delle pose lunghe è che bisogna avere un setup performante. Fare pose di dieci minuti richiede una guida perfetta, un bilanciamento fatto ad arte ed una montatura affidabile o avremo stelle allungate o “spalmate” dalle eccessive correzioni della guida.

Allora perché non fare tante pose brevi e sommarle? Non è il tempo totale di integrazione che conta?

NO! Questo è uno degli errori più gravi che molti astrofotografi fanno, ovvero credere che 60 pose da 1 minuto equivalgano a 3 da 20 minuti in termini di SNR.
La matematica dietro questa risposta è molto semplice e la trovate qui di seguito:

Pose da 60s:
S: 100 – R: 10 => S x 60 = 6000 – R x 60 = 600 => SNR = 10

Pose da 1200s:
S: 2000 – R: 45 => S x 3 = 6000 – R x 3 = 135 => SNR = 44

Le immagini integrate con pose da 20 minuti hanno un SNR 4.4 volte superiore, un guadagno enorme! C’è poco da ragionare quando si parla di matematica e qui l’evidenza è inconfutabile. 😉

guadagno snr in base all'inquinamento luminoso
Nel grafico il guadagno in SNR in base all’inquinamento luminoso, i cieli bui hanno una margine di guadagno di gran lunga superiore a quelli urbani.

Quindi cosa devo scegliere, lunghe o brevi esposizioni?

Non c’è una risposta assoluta a questa domanda, ma quella che può darvi il punto di partenza migliore è: la più lunga che il vostro setup, esperienza e cielo vi permettono. A prescindere che voi possediate una CCD o CMOS questo discorso è sempre valido e vale sia che voi stiate fotografando la Via Lattea d’estate o qualsiasi altro soggetto del cielo profondo.
Anche se i CMOS moderni hanno un rumore di lettura estremamente basso rispetto ai CCD, il fatto che si preferisca fare pose brevi è dovuto dallo scarso range dinamico dei CMOS o dal fatto che con pose brevi si corrono meno rischi di dover scartare una posa per qualsiasi motivo: problemi di guida, folata di vento, nuvole passeggere e via dicendo. Tuttavia questo discorso prescinde dal discorso fisico-elettronico dove le lunghe esposizioni, esclusi i limiti elencati nell’articolo, avranno sempre la meglio su quelle brevi.

Cieli sereni!

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